Onorevoli Colleghi! - Il fenomeno della prostituzione è una realtà che non decresce (nonostante l'intensificarsi degli interventi repressivi da parte delle Forze dell'ordine) e che si snoda trasversalmente in gran parte del territorio nazionale. Una realtà che è manifesta, sotto gli occhi di tutti, ma che nasconde gravi situazioni di sfruttamento, di violenza, di costrizione e di riduzione in schiavitù. Secondo recenti stime, le persone che praticano la prostituzione in Italia sono oltre 70 mila; di queste, due terzi sono stranieri e lavorano sulla strada. In sostanza, da quando venne approvata la legge 20 febbraio 1958, n. 75, la cosiddetta «legge Merlin», il fenomeno della prostituzione ha assunto modalità diverse di manifestazione nel contesto sociale, aumentando sicuramente in termini di diffusione. Infatti, pur permanendo le antiche motivazioni di ordine economico, culturale e morale che spingono moltissime donne alla mercificazione del proprio corpo, si sono dovuti registrare, in questi ultimi anni, anche l'aumento imponente della prostituzione maschile e di quella dei transessuali e la vera e propria tratta, per scopi sessuali, dei giovani e delle giovani extracomunitarie.
      Le nostre città, nelle ore notturne, hanno assunto l'aspetto di vere e proprie case di prostituzione all'aperto, dove si percepiscono chiaramente i segni della violenza, della criminalità e dello sfruttamento. E tutto ciò sembra essere tollerato e fatalmente accettato in una sorta di totale impotenza da parte delle istituzioni.
      È giunto il momento di provvedere a modificare la legge n. 75 del 1958 per dare una risposta a questo preoccupante fenomeno che sta dilagando e che, oltre a determinare un incremento della diffusione di malattie a trasmissione sessuale, reca impresso il segno dello sfruttamento, della

 

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corruzione e della violenza, troppo spesso rivolti anche nei confronti dei minori.
      Le proposte volte a riaprire le case chiuse non possono essere prese in considerazione, restando validi i presupposti che nel lontano 1958 indussero il legislatore alla loro chiusura. Si tratta, oggi, di promuovere una iniziativa legislativa che combatta seriamente la prostituzione attraverso norme di tipo repressivo. Repressione che, oltre a perseguire e punire veramente lo sfruttamento, impedisca non solo a chi pratica la prostituzione, ma anche ai clienti che la alimentano, il perpetuarsi dello spettacolo degradante «della strada» con tutte le problematiche ad esso connesse. È necessario non solo punire l'adescamento (soliciting), ma anche chi, attraverso il cosiddetto «kerb crawling», utilizza a propri fini sessuali il dramma morale e sociale di chi si prostituisce. Necessario appare anche un intervento dello Stato per recuperare chi è dedito alla prostituzione attraverso programmi di riabilitazione, di inserimento lavorativo, di sostegno psicologico e sociale, utili a far cambiare lo stile di vita di chi, nella propria disperata solitudine, pur volendo, non riesce a modificarlo. Si è convinti che il problema della prostituzione non sia facilmente risolvibile per i complessi aspetti che sono insiti nella cultura di una società priva di valori e sempre più tendente all'edonismo. Ma proprio per questo lo Stato deve dare un forte segnale di condanna soprattutto per rispetto delle giovani generazioni che, in maniera diretta o indiretta, sono maggiormente coinvolte in questo fenomeno.
 

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